Pier Paolo Cito lavora da oltre 20 anni come fotoreporter, (iscritto all’Ordine dei Giornalisti Pubblicistid al 1997, Professionisti dal 2002).
Ha lavorato come freelance e come staffer per l’agenzia USA Associated Press in vari conflitti e situazioni di tensione tra cui: Israele, Palestina, Kosovo, Montenegro, Libano, Etiopia, Iraq, Afghanistan, Libia, Nagorno-Karabakh etc.
Ha vinto vari premi internazionali ed è stato finalista al Premio Pulitzer nel 2007.
E’ docente di Fotogiornalismo in vari centri di Istruzione Superiore in Italia e all’estero e di corsi propedeutici per chi lavora in zone
di conflitto.Collabora come docente di fotogiornalismo con lo Stato Maggiore della Difesa italiano, è è consulente della FAO e di altre agenzie della Nazioni Unite in Medio Oriente
Mostra retrospettiva proveniente dal Centre Pompidou di Parigi
Roma, Museo dell’Ara Pacis 26 settembre 2014 – 25 gennaio 2015
#BressonRoma
“A volte mi chiedono: ‘Qual è la foto che preferisci tra quelle che hai realizzato?’. Non saprei, non mi interessa. Mi interessa di più la mia prossima fotografia, o il prossimo luogo che visiterò.” Henri Cartier-Bresson (Vedere è tutto, Contrasto)
Sarà esposta a Roma dal 26 settembre 2014 al 25 gennaio 2015, presso il Museo dell’Ara Pacis, la mostra retrospettiva Henri Cartier-Bresson a cura di Clément Chéroux.
La grande esposizione, realizzata dal Centre Pompidou di Parigi in collaborazione con la Fondazione Henri Cartier-Bresson, viene presentata a dieci anni esatti dalla morte di Henri Cartier-Bresson. Clément Chéroux è storico della fotografia e curatore presso il Centre Pompidou, Musée national d’art moderne, in passato ha soggiornato a Roma come borsista dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici.
Il genio per la composizione, la straordinaria intuizione visiva, la capacità di cogliere al volo i momenti più fugaci come i più insignificanti, fanno di Henri Cartier-Bresson (1908 – 2004) uno dei più grandi fotografi del ventesimo secolo. Nel corso della sua lunga carriera, percorrendo il mondo e posando lo sguardo sui grandi momenti della storia, Cartier-Bresson è riuscito a unire alla potenza della testimonianza la poesia.
Tre periodi scandiscono la sua opera: il primo, dal 1926 al 1935, durante il quale Cartier-Bresson frequenta i surrealisti, compie i primi passi in fotografia e affronta i suoi primi grandi viaggi; il secondo, dal 1936 al 1946, corrisponde al periodo del suo impegno politico, del lavoro per la stampa comunista e all’esperienza del cinema; il terzo periodo, dal 1947 al 1970, va dalla creazione della cooperativa Magnum Photos fino alla fine della sua attività di fotografo. Riduttivo sarebbe dunque individuare nella sola nozione di “istante decisivo” , che per lungo tempo è stata la chiave principale di lettura delle sue immagini, la sintesi del suo lavoro.
Questa retrospettiva ripercorre cronologicamente il suo percorso, con l’ambizione di mostrare che non c’è stato un solo Cartier-Bresson ma diversi.
La mostra propone, infatti, una nuova lettura dell’immenso corpus d’immagini di Cartier-Bresson, coprendo l’intera vita professionale del fotografo. Saranno esposti oltre 500 opere tra fotografie, disegni, dipinti, film e documenti, riunendo le più importanti icone ma anche le immagini meno conosciute del grande maestro: 350 stampe vintage d’epoca, 100 documenti tra cui quotidiani, ritagli di giornali, riviste, libri manoscritti, film, dipinti e disegni.
L’itinerario espositivo offre una doppia visione: rintraccia la storia dei lavori di Cartier-Bresson, per mostrare l’evoluzione del suo cammino artistico in tutta la sua complessità e varietà, e, al tempo stesso, raccoglie e ”rappresenta” la storia del Ventesimo secolo attraverso il suo sguardo di fotografo.
Dal Surrealismo alla Guerra Fredda, dalla Guerra Civile Spagnola alla seconda Guerra Mondiale e alla decolonizzazione, Cartier-Bresson è stato uno dei grandi testimoni della nostra storia; “l’occhio del secolo”, come giustamente è stato definito.
Il percorso espositivo è diviso in nove parti. Dopo una Introduzione, le altre sezioni corrispondono alle diverse fasi della vita e del lavoro di Cartier-Bresson:
1- Prime fotografie: gli anni di apprendistato, i rapporti con gli americani a Parigi, le influenze fotografiche, il viaggio in Africa.
2- Viaggi fotografici: il Surrealismo, il “caso oggettivo”, le peregrinazioni fotografiche in Spagna, Italia, Germania, Polonia e Messico.
3- L’impegno politico: New York con Paul Strand e il Nykino group, Parigi con Jean Renoir e l’Associazione degli artisti e scrittori rivoluzionari (AEAR), la stampa comunista con Robert Capa e Louis Aragon.
4- Le guerre: il film sulla Guerra civile spagnola, l’attività durante la Seconda guerra mondiale (fotografo dell’esercito, prigioniero, fuggiasco, combattente della Resistenza) per documentare il ritorno dei prigionieri.
5- Il reporter: La fondazione dell’Agenzia Magnum Photos, i reportage in Cina e in India, i funerali di Gandhi.
6- Il reporter professionista: Il primo fotogiornalista a entrare in URSS dopo la morte di Stalin. E poi Cuba, “L’Uomo e la Macchina” e la serie Vive la France.
7- La fotografia dopo la fotografia: La fine dei reportage e una fotografia più contemplativa. Ricompare il disegno.
8- Ricognizione: il tempo della ricognizione, la riconsiderazione degli archivi (dai documenti al lavoro), mostre retrospettive e libri. La iconizzazione di Henri Cartier-Bresson.
La mostra è accompagnata da un ampio ed esaustivo catalogo (pubblicato da Contrasto) con saggi di studiosi, esperti e testi inediti di Cartier-Bresson.
Oltre al catalogo, sarà disponibile anche un’agile guida alla mostra.
Museo dell’Ara Pacis, Lungotevere in Augusta, Roma
Apertura al pubblico dal 26 settembre 2014 al 25 gennaio 2015
dal martedì alla domenica ore 9.00 – 19.00 il venerdì e il sabato la mostra è aperta fino alle 22.00
Info Mostra
060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 21.00)
www.arapacis.it, www.museiincomuneroma.it
Twitter: @museiincomune @Contrastobooks #BressonRoma
Facebook: MuseoAraPacis – Contrastobooks
INFO
Biglietto “solo mostra”
€ 11 intero; € 9 ridotto; € 4 speciale scuola ad alunno (ingresso gratuito ad un docente accompagnatore ogni 10 alunni);
€ 22 speciale Famiglie (2 adulti più figli al di sotto dei 18 anni)
Biglietto integrato Museo dell’Ara Pacis + Mostra
€ 18 intero; € 14 ridotto
Una selezione di 78 fotografie saranno ospitate dal 3 ottobre 2013 al 6 gennaio 2014 nel Museo di Roma Palazzo Braschi nella mostra “Robert Capa in Italia 1943 – 1944”.
Ideata dal Museo Nazionale Ungherese di Budapest e Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con il Museo Nazionale Ungherese di Budapest, il Ministero delle Risorse Umane d’Ungheria, il Fondo Nazionale Culturale, l’Istituto Balassi – Accademia d’Ungheria a Roma e l’Ambasciata di Ungheria a Roma. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura e la cura di Beatrix Lengyel.
Una mostra – la cui tappa successiva sarà Firenze presso il MNAF Museo Nazionale Alinari della Fotografia dal 10 gennaio al 30 marzo 2014 – organizzata in occasione dell’Anno Culturale Ungheria Italia 2013 che coincide con il centenario della nascita di questo grande maestro della fotografia del XX secolo (1913–1954) e che racconta con scatti in bianco e nero il settantesimo anniversario dello sbarco degli Alleati. Esiliato dall’Ungheria nel 1931, inizia la sua attività di fotoreporter a Berlino e diventa famoso per le sue fotografie scattate durante la guerra civile spagnola dal 1936 al 1939. Quando arriva in Italia come corrispondente di guerra, ritrae la vita dei soldati e dei civili, dallo sbarco in Sicilia fino ad Anzio: un viaggio fotografico, con scatti che vanno da luglio 1943 a febbraio 1944 per rivelare, con un’umanità priva di retorica, le tante facce della guerra spingendosi fin dentro il cuore del conflitto.
Le immagini colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza e per l’empatia che scatenano in chi le guarda. Lo spiega perfettamente John Steinbeck in occasione della pubblicazione commemorativa di alcune foto di Robert Capa “Capa sapeva cosa cercare e cosa farne dopo averlo trovato. Sapeva, ad esempio, che non si può ritrarre la guerra, perché è soprattutto un’emozione. Ma lui è riuscito a fotografare quell’emozione conoscendola da vicino.”
Ed è così che Capa racconta la resa di Palermo, la distruzione della posta centrale di Napoli o il funerale delle giovanissime vittime delle Quattro Giornate di Napoli. E ancora, vicino a Montecassino, la gente che fugge dalle montagne dove infuriano i combattimenti. E i soldati alleati, accolti a Monreale dalla gente, o in perlustrazione in campi opachi di fumo.
Settantotto fotografie nelle quali l’obiettivo di Capa mostra una guerra subita dalla gente comune, piccoli paesi uguali in tutto il mondo ridotti in macerie, soldati e civili vittime della stessa strage.
Così Ernest Hemingway, nel ricordare la scomparsa, descrive il fotografo: ”Ѐ stato un buon amico e un grande e coraggiosissimo fotografo. Era talmente vivo che uno deve mettercela tutta per pensarlo morto.”
Foto, famose in tutto il mondo, che raccontano a modo loro la vita.
Di seguito la presentazione della mostra nelle parole della curatrice Beatrix Lengyel
ROBERT CAPA IN ITALIA
Robert Capa è uno dei più grandi fotografi del XX secolo,
se non addirittura di tutti i tempi
Un corrispondente di guerra dotato di tutte le qualità indispensabili al giornalista di grande professionalità: la tenacia, la necessaria aggressività nel raggiungere il cuore degli avvenimenti, l’inventiva, le eccellenti capacità relazionali. A queste si aggiungevano le doti di un grande artista: forte sensibilità, capacità di riconoscere e scegliere temi, senso della composizione. Nonostante conoscesse la paura, fu con coraggio impegnato in tutti i più importanti scenari bellici attorno alla metà del XX secolo, avendo sempre ben presente l’eterno dilemma del giornalista e del fotoreporter: esserci per richiamare l’attenzione del mondo sul dolore, senza però poter personalmente aiutare gli afflitti. Robert Capa svolse la propria professione con la massima intensità, rendendo quel costante conflitto interiore uno strumento nello sforzo di mostrare sempre ciò che veramente ritenesse importante.
Mai nessun altro vi è riuscito completamente, perché nessuno mai si è trovato abbastanza vicino alla scena, come peraltro lui stesso ebbe a confessare: «Se le tue fotografie non sono all’altezza, non eri abbastanza vicino». Era vicino alla morte del miliziano, era nel mezzo del bagno di sangue dei primi a sbarcare in Normandia, e, naturalmente, anche nel mezzo della guerra d’Indocina, dove calpestò la mina fatale. Visse una vita intensa, passionale, vorace nel desiderio di ottenere tutto, fu campione dell’azzardo. Una vita in cui non potevano trovare posto figli, una vita fatta di solitudine, una vita da apolide, la cui fine era forse già stata scritta dal destino. Probabilmente questo era l’unico modo per vivere e mostrare al tempo stesso tutto ciò che lo circondava.
Le fotografie di Robert Capa sono impresse nella memoria collettiva come piccoli frammenti del XX secolo. Sono tessere di un simbolico mosaico degli istanti che separano vita e morte e delle atrocità delle cinque guerre di cui fu testimone. Grazie alla delicatezza, all’umanità, alla spontaneità e alla sensibilità dei suoi scatti, generazioni di fotografi hanno compreso come sia possibile immortalare i dimenticati e gli ultimi nell’intimità degli attimi di cui si compone una vita, siano essi attimi di commozione, sollievo, terrore o felicità. Beatrix Lengyel Curatrice della mostra, Museo Nazionale Ungherese
“Lo scopo di questo progetto è di ricongiungerci con il mondo com’era prima che l’uomo lo modificasse fino quasi a sfigurarlo” Sebastião Salgado
Sarà aperta al pubblico dal 15 maggio a Roma presso il Museo dell’Ara Pacis la mostra Genesi. Fotografie di Sebastião Salgado. Promossa da Roma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dalla Camera di Commercio di Roma con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, realizzata da Amazonas Images e prodotta da Contrasto e Zètema Progetto Cultura, a cura di Lélia Wanick Salgado, Genesi si svolge in contemporanea con altre grandi capitali (Londra, Rio De Janeiro e Toronto). Da queste città proseguirà il suo cammino attraverso altre tappe che la porteranno a raggiungere tutte le maggiori metropoli del mondo. A Roma resterà aperta fino al 15 settembre 2013.
In mostra oltre 200 fotografie eccezionali: dalle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea ai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne dell’America, del Cile e della Siberia. La mostra è suddivisa in cinque sezioni che ricalcano le zone geografiche in cui Salgado ha realizzato le fotografie: Il Pianeta Sud, I Santuari della Natura, l’Africa, Il grande Nord, l’Amazzonia e il Pantanàl.
In mostra sarà anche possibile vedere il film Sebastião Salgado. Fotografie che mostra serie di immagini che raccolgono alcuni dei lavori principali realizzati da Sebastião Salgado prima di Genesi. Le fotografie del film sono tratte dai progetti confluiti nei libri Otras Américas (1983), Sahel: el fin del camino (1988), La mano dell’uomo (1993), Terra (1997), In cammino (2000).La musica è di Henyk Górocki, Sinfonia n.3 (1976).
“Personalmente vedo questo progetto come un percorso potenziale verso la riscoperta del ruolo dell’uomo in natura. L’ho chiamato Genesi perché, per quanto possibile, desidero tornare alle origini del pianeta: all’aria, all’acqua e al fuoco da cui è scaturita la vita; alle specie animali che hanno resistito all’addomesticamento; alle remote tribù dagli stili di vita cosiddetti primitivi e ancora incontaminati; agli esempi esistenti di forme primigenie di insediamenti e organizzazione umane. Nonostante tutti i danni già causati all’ambiente, in queste zone si può ancora trovare un mondo di purezza, perfino d’innocenza. Con il mio lavoro intendo testimoniare com’era la natura senza uomini e donne, e come l’umanità e la natura per lungo tempo siano coesistite in quello che oggi definiamo equilibrio ambientale”. Sebastião Salgado
Di seguito l’intervento al TED di Sebastião Salgado che racconta la nascita del progetto Genesi, del senso della fotografia e della sua ricerca personale: IL DRAMMA SILENZIOSO DELLA FOTOGRAFIA.