#STOPFNSI – Contro l’iniquo compenso – 8 Luglio 2014
“No al contratto, no all’accordo su equo compenso e lavoro autonomo”
Un accordo sul lavoro autonomo stipulato tra le parti, sindacato ‘unico’ dei giornalisti (Fnsi) ed editori (Fieg), che diventa legge dello Stato e legalizza lo sfruttamento: 3 mila euro l’anno lordi, 250 al mese. Lo chiamano “equo” compenso, con il placet del governo nella persona del sottosegretario all’Editoria Luca Lotti. Per i giornalisti precari e freelance si tratta di un compenso “iniquo” e di un accordo truffa. E’ stato svenduto il lavoro dei giornalisti, rendendoli più ricattabili, sfruttati e licenziabili. A essere minacciata è la libertà di stampa, baluardo della tenuta democratica delle istituzioni.
Grazie a questo accordo, è legge dello Stato che un giornalista non è sfruttato se: guadagna 20 euro per un articolo di quotidiano (di almeno 1600 battute), 6 euro e 25 per un lancio di agenzia, 250 euro al mese e 3000 euro lorde l’anno per 144 articoli l’anno. Non conta l’argomento, può essere un’inchiesta sulle mafie o l’inaugurazione di un teatro, e nemmeno la testata: “quotidiano” è il Corriere della Sera o l’Eco di Canicattì. E’ legge dello Stato il principio assurdo che più si lavora meno si guadagna: fino a 144 articoli in un anno la paga ‘equa’ è 250 euro al mese, da 145 a 288 articoli è altrettanto ‘equo’ essere pagati il 60% di 250 euro e da 289 a 432 articoli, il 50% di 250. È stato infatti introdotto per legge un ‘riduttore’ dei compensi. Ma se lo sfruttamento legalizzato è chiamato “equo compenso”, il “riduttore” lo definiscono il “moltiplicatore”.
E’ legge dello Stato che si può scrivere più di un articolo al giorno per un giornale (432 articoli l’anno) lavorando come un dipendente, ma senza contratto e senza essere assunti. Come si fa a dire che questo è lavoro autonomo?
L’accordo sul lavoro autonomo apre la strada all’espulsione in massa dei dipendenti dalle redazioni. Perché a parità di quantità e qualità di lavoro svolto, un giornalista autonomo costa cifre ridicole rispetto a un contrattualizzato.
La ratio della legge sull’equo compenso, promulgata a dicembre 2012 era di proteggere i tantissimi giornalisti non assunti, oltre il 60% degli iscritti all’Ordine, dallo sfruttamento. Il compito di stabilire la soglia dell’equo compenso, sotto il quale si configura lo sfruttamento e la perdita dei contributi pubblici all’editoria, spettava alla Commissione governativa presieduta dal sottosegretario Luca Lotti, il presidente Fnsi Giovanni Rossi, il direttore generale Fieg Fabrizio Carotti, il presidente Inpgi Andrea Camporese e il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino, unico ad avere votato contro.
Il risultato raggiunto rende i giornalisti autonomi potenzialmente ancora più poveri.
Questo è un pessimo accordo che stabilisce un pericoloso precedente e lede la dignità di tutti i lavoratori. I giornalisti che lavorano da collaboratori esterni delle redazioni non hanno potuto impedirne l’approvazione. I loro rappresentanti all’interno della Commissione nazionale freelance e della commissione contratto dell’Fnsi non hanno avuto voce in capitolo, se non la possibilità di dissociarsi a cose fatte.
Il paradosso è che siamo giornalisti ma è difficile farci sentire. Le prossime iniziative sono la presentazione di un’interrogazione parlamentare, l’appello per un Referendum vero, da tenersi nelle redazioni e nelle Associazioni, una consultazione trasparente e inclusiva che abbia come platea quelli a cui questo accordo si dovrà applicare.
Appuntamento atteso è la manifestazione “Stop Fnsi” prevista per l’8 luglio alle ore 10, quando i giornalisti in rivolta si ritroveranno sotto la sede del sindacato in corso Vittorio Emanuele a Roma.
Organizzatori manifestazione dell’8 luglio: stopiniquocompenso@gmail.com